“Allora non c’è una fine, penso, non finirà mai, ci sarà sempre qualcuno di cui chiedere se è bravo. Non si esaurisce con il neonato. L’essere bravi deve essere una qualità in genere. Tutti devono essere bravi. Non si sa bene a far cosa ma per ognuno occorre domandarlo. E magari senza ascoltare nemmeno la risposta. Cosa rispondo? “
Giada Fossà
Perché dobbiamo essere brave? Perché abbiamo paura di non essere abbastanza? Queste scomode domande segnano il ritmo di un girotondo di incontri: nel bar, per strada, dal panettiere alla visita con l’ostetrica fino al paese in campagna della madre. Frammenti di dialoghi, commenti, aneddoti, delineano la vita quotidiana di una donna. Ieri ragazza alle prese con la ricerca della propria identità, oggi mamma di due bambini difronte all’inevitabile sconvolgimento della vita e alla necessaria messa in discussione di certezze e ribaltamento di punti di vista.
Ne emerge un’umanità variopinta, a volte partecipe, a volte meno, altre distratta e invadente e troppo spesso giudicante. Cosa giudica? La “bravura” di essere genitore? Dei bambini? L’aggettivo “brava” è il più gettonato, usato e abusato rivolto a tutti. Ne siamo immersi tutti in questo guardare e guardarci con severità, nel chiedere a tutti “E bravo? È brava?”. Ci libereremo mai del peso di questo aggettivo? Forse la via per uscirne è sorridere dei malintesi, equivoci e incomprensioni, sdrammatizzando?
CREDITI
di e con Giada Fossà
adattamento e regia Luca Bellé
costumi Deborah De Santis
una produzione Chorós teatro
Realizzata con il contributo di Fondazione di Comunità Milano e con il sostegno di Scamamù e Associazione Culturale La Lunanuova